Torture e abusi, la brigata femminile di Isis semina il terrore a Raqqa

Secondo le testimonianze, le donne di Al Khansa, il battaglione di donne dello Stato Islamico, stanno terrorizzando e torturando le siriane di Raqqa

Stanno diventando sempre più spietate le donne di Isis. Secondo le testimonianze raccolte dagli attivisti Raqqa is being Slaughtered Silently, la brigata femminile Al Khansa, creata dai jihadisti a Raqqa, nella capitale dello Stato islamico, per controllare l’applicazione delle norme imposte dalla sharia, si sta macchiando di terribili crimini tra cui la tortura. Come se non bastassero le lapidazioni, gli stupri e le violenze commesse dai «daash» (gli uomini di Isis come vengono chiamati dai loro nemici), queste donne circolano per le strade della città armate e completamente velate per andare a caccia di concittadine che non hanno il velo abbastanza spesso o che non indossano i guanti. Alcune di esse sono anche straniere, mogli al seguito dei cosiddetti foreign fighters.

Strumenti medievali. Una testimone, di 24 anni, racconta di essere stata arrestata dalle donne della brigata perché aveva un abito considerato non appropriato. La ragazza spiega di essere stata arrestata. «Mi hanno preso e portato una camera di tortura. Mi hanno detto se volevo scegliere tra la frusta e il “biter”». Il biter è un strumento di tortura usato dalla brigata e già noto nel Medio Evo per strappare e dilaniare il seno delle donne. «Io non sapevo cosa fosse questo biter e così l’ho”scelto” pensando fosse meno doloroso». La testimonianza continua con il resoconto delle torture subite attraverso questo strumento. «La mia femminilità è stata completamente distrutta, è una cosa insostenibile. E io non sono stata l’unica a subire questa tortura, c’erano un sacco di donne nel quartier generale e la loro situazione era tragica». Stessa sorte tocca a un’altra ragazza di 25 anni, arrestata dagli uomini di Isis con l’accusa di aver fumato una sigaretta. «Mi hanno portato nella stanza delle torture, il pavimento era ricoperto di sangue, mi hanno dato 40 frustate. Poi mi hanno sbattuto in una cella dove c’erano molti detenuti. Sentivo le urla di chi veniva torturato».

Negli ospedali e nelle camere di tortura. Un’altra testimonianza arriva da una infermiera di 26 anni che è riuscita a scappare. Questa donna racconta di essere stata bloccata da un membro della brigata mentre cercava di prestare soccorso a una paziente che aveva avuto un infarto. «Mi si è avvicinata urlando che non aveva il velo e non indossava i guanti. Io all’inizio non capivo, pensavo parlasse dei guanti medici. Poi mi hanno costretto a coprirle il volto anche se cercavo di spiegare che non si può fare così con una donna che è in arresto cardiaco e fatica a respirare». Morale, la paziente è morta mentre l’infermiera ha raccontato l’accaduto dopo essere riuscita a scappare. «La cosa più importante per loro non è la salute ma l’applicazione della Sharia». Tra gli abusi di questo gruppo c’è anche il tentativo di tenere lontano le giovani dalle scuole e spingerle al matrimonio.Ma non solo. Queste donne pattugliano le strade e impongono blocchi stradali per controllare la “moralità” della città. Seminando il terrore.

fonte : http://www.qelsi.it/2015/torture-e-abusi-la-brigata-femminile-di-isis-semina-il-terrore-a-raqqa/

media activist from the city of Raqqa, student at the Faculty of Law at the University of the Euphrates. Director of the Media Office of Raqqa, founding member of "Raqqa is Being Slaughtered Silently", founding member of the documentary project of "Sound and Picture". I work in documenting violations committed by Assad's regime and ISIS group and extremist organizations inside the city of Raqqa, as I work in programming, design and visual media. I hold a certificate of coach in digital security, and a certificate of journalist coach, and a certificate in documenting violations against human rights, and a certificate in electronic advocacy. I underwent a training under the supervision of "Cyber-Arabs" in collaboration with the Institute for War and Peace "IWPR", about the management of electronic websites and leadership of advocacy campaigns, and a training of press photography under the supervision of the photojournalist "Peter Hove Olesen".